domenica 8 febbraio 2015

L.B.ALBERTI, TEMPIO MALATESTIANO, 1450 ca, RIMINI.

"Come architetto la sua prima opera è la trasformazione cominciata nel 1447, della chiesa di San Francesco a Rimini in tempio-mausoleo per Sigismondo Malatesta (...). L'opera dell'Alberti si riduce alla facciata incompiuta e al fianco. È incontestabile il riferimento alla tipologia classica: dell'arco trionfale per la facciata, degli acquedotti per il fianco, che si presenta come una successione di profonde arcate. Tanto l'arco trionfale che le arcate degli antichi acquedotti sono organismi plastici aperti che si inseriscono nello spazio e non lo delimitano. Già il Brunelleschi aveva intuito che un piano di facciata deve essere una struttura e non soltanto una superficie: nello spedale degli Innocenti e nella cappella de' Pazzi aveva risolto il problema scomponendo la facciata in più piani prospetticamente coordinati. L'Alberti, nel tempio Malatestiano, interpreta la facciata come un organismo plastico articolato. (...) L'Alberti non si accontenta di misurare, delineare, proiettare lo spazio; lo sente come una realtà fisica, come luce, penombra, atmosfera, colore. È il primo architetto che valuti, anche dal punto di vista psicologico, il trapasso emozionale dalla luminosità e dalla concretezza volumetrica dell'esterno alla penombra e alla cavità dell'interno; e che faccia materialmente e visivamente comunicare esterno ed interno attraverso gli archi profondi della facciata e del fianco. Rialza la struttura su un podio, e non soltanto per analogia all'antico, ma per dare alla veduta dell'edificio una leggera inclinazione dal basso che lo fa penetrare, con un minimo scorcio, nella profondità reale dello spazio. Rafforza i risalti delle colonne, delle cornici, degli archi, del cornicione affinché sembrino veramente contrastare alle due spinte opposte, equilibrarle; ma poiché si tratta solo di un effetto visivo, non ne accentua lo sviluppo dimensionale, le modella in modo che reagiscano più vivacemente alla luce o proiettino ombre più nette e profonde."

G.C.ARGAN, STORIA DELL'ARTE ITALIANA, vol. 2, ed. Sansoni, 1969.


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