domenica 22 febbraio 2015

SANDRO BOTTICELLI, "NASCITA DI VENERE", ca. 1484, FIRENZE, GALLERIA DEGLI UFFIZI.

(...) Botticelli è stato considerato un mistico del bello ideale, un puro esteta. La sua pittura è invece carica di problemi, anche religiosi e morali e se, indubbiamente, mira a realizzare un bello ideale, è perché tale era il fine, etico e conoscitivo, della cerchia culturale neo-platonica, a cui il Botticelli è stato, più d'ogni altro, profondamente legato. Spirito "sofistico", come dirà il Vasari, il Botticelli risale all'origine del contrasto tra natura e storia (...). Ma il suo scopo è di superare l'antitesi, di trovare qualcosa che sia ugualmente al di là della natura e della storia. (...) Sandro, con il suo continuo aspirare a una trascendenza inafferrabile, è in contrasto con la certezza formale di Piero della Francesca; (...) Botticelli vuole oltrepassarla (la realtà), trascenderla, non "contaminarsi" con l'esperienza: vuole, cioè, l'idea.
L'idea del neo-platonismo fiorentino non è propriamente l'archetipo platonico; e non è, propriamente, nulla di definito, ma un vago essere-al-di-là, rispetto alla natura (o allo spazio) e alla storia (o al tempo). Anche il bello, con cui l'idea si confonde, è aliquid incorporeum: sfiducia nella realtà più che immagine perfetta.
 
La Nascita di Venere (1485c.) non è affatto una pagana esaltazione della bellezza muliebre; tra i significati impliciti c'è anche quello della corrispondenza del mito della nascita di Venere dall'acqua marina e dell'idea cristiana della nascita dell'anima dall'acqua del battesimo. Il bello che il pittore vuole esaltare è, in ogni caso, un bello spirituale e non fisico: la nudità di Venere significa semplicità, purezza, mancanza di ornamenti; la natura è espressa nei suoi elementi (aria, acqua, terra); il mare increspato dalla brezza soffiata da Eolo e Borea è una superficie verde-azzurra su cui le onde sono schematizzate in segni tutti uguali; simbolica è anche la conchiglia. Nel gran vuoto dell'orizzonte marino si sviluppano, con intensità diversa, tre episodi ritmici distinti: i Venti, Venere sorgente dalla conchiglia, l'ancella che accorre col manto fiorito (allusione alla veste d'erbe e di fiori della natura). Tre volte il ritmo nasce, sale all'intensità massima, si spegne; né altra legge lo governa che ispirazione profonda, il dèmone platonico, il furor che il Ficino chiamava malinconicus, perché generato dall'aspirazione a qualcosa che non si ha o dalla nostalgia di qualcosa che si è perduto.
G.C.Argan, op. cit.

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